Monday 30 June 2008

In viaggio con Tiziano Terzani.


Era un po’ che sentivo parlare di Tiziano Terzani, ma mi ero fatto l’idea che fosse un autore borghese e intimista e non particolarmente militante. Sapevo
che aveva scritto “Un ultimo giro di giostra”, sul tema del tumore e della medicina alternativa, ma appunto non mi sembravano temi politicamente destabilizzanti. Poi a Milano, mentre l’amico e fratello Bruno Montanari si spegneva lentamente per tumore, ad una bancarella comprai “Lettere contro la guerra” e gliele regalai, perché tenesse viva la sua passione per il mondo e la politica...



Poi Bruno ci lasciò, e chi ha visto un amico spegnersi sa che uno vorrebbe
morire al suo posto ma purtroppo non si può, perché Dio non esiste o se esiste non accetta scambi di ostaggi.

Così cominciai a meditare dolorosamente sulla malattia e la morte. Poi toccò anche a me un lungo e penoso cammino nella malattia, con un pellegrinaggio da specialisti, santoni e guaritori locali, e il rapporto con la morte divenne qualcosa di molto più personale, un “cuccù questa volta tocca a me, chi l’avrebbe mai detto”. E così cominciai a leggere “Un ultimo giro di giostra”, e Tiziano Terzani divenne ben presto un caro amico, la cui lettura diventava un atteso momento della giornata, e nelle cui originalissime riflessioni mi trovavo in pieno.
Si, va bene, non era un rivoluzionario che credeva in una particolare prospettiva politica, ma le cose che raccontava erano talmente interessanti e curiose che chi se ne frega. Le storie che racconta non hanno la pretesa della completezza, del trattato, ma è proprio per questo che è divertente, le cose vengono raccontate nel momento e contesto in cui vengono scoperte. E la descrizione di una serie di personaggi incontrati nei suoi viaggi da un santone indiano all’altro rende molto umano e pittoresco il racconto.
Da cui emerge un ritratto dell’India come isola di resistenza umana al materialismo occidentale, ma di resistenza che sta cedendo anche se meno alla svelta che in altri paesi asiatici. Così l’appetito vien mangiando e mi misi a leggere ”Lettere contro la guerra”. Deludentissimo all’inizio, nella lettera a Oriana Fallaci, molto retorica... e poi Oriana Fallaci uno può solo compatirla, perché una che reagisce così cattivamente alla vecchiaia e alla malattia fa solo compassione.
Però dopo quando parla dell’Afghanistan diventa appassionante, anzi incazzante, perché uno si rende conto di quanto sia stata manipolata l’informazione che i media ci hanno di fatto imbandito. Di quanti crimini orrendi siano stati artefici e complici le forze di occupazione nordamericane e i loro alleati, senza che ne venga data la minima notizia nei circuiti legati ai regimi occidentali. Al punto che mi venne come idea di finanziare un qualche regista afgano perché realizzi un documentario
sulla realtà reale -non quella catodica - della guerra e dopoguerra afgana. Magari se esiste già questo documentario, fatemelo sapere.

A questo punto continuai con “Un indovino mi disse”... Il tema di per sé di scarso interesse, degli indovini, diventa un diario di viaggio e una storia recente di alcuni paesi asiatici, principalmente Laos e Malesia, dominato da un tema: il dolore e l’impotenza
di fronte alla rapidissima scomparsa delle culture asiatiche di fronte al consumismo e all’occidentalizzazione. Con un ritratto a forti tinte del rampantissimo
capitalismo cinese, che travolge le culture dei popoli circostanti; l’impatto del capitalismo cinese, presente coi suoi immensi capitali e con una generazione di emigranti cinesi la cui unica religione è il successo economico, è devastante, e travolge la bonomia e giocosità dei popoli circostanti. Una specie di guerra non dichiarata fra chi vuole asfaltare il mondo e chi vuole semplicemente goderselo. Terzani parla con assoluto disprezzo di Singapore, descritta come un mondo piatto e conformista, dove tutta la diversità del passato è stata appiattita in un unico stereotipo di uomo moderno. Toccanti e struggenti i racconti della Cambogia
devastata dalla dittatura di Pol Pot, dolorosi i ricordi di un passato ancora recente in Indonesia dove mezzo milione di “comunisti” furono liquidati in 4 giorni... tutti fatti raccontati da testimoni di quegli avvenimenti. Di sconcertante verismo il racconto del viaggio in treno attraverso la Mongolia verso la Russia, in compagnia di mercanti russi e mongoli... bella più di tutte l’intervista con Khun Sa, guerrigliero indipendentista birmano e trafficante di droga. Bellissime le meditazioni sul buddismo. Una carrellata infinita di personaggi, situazioni, paesaggi
e pensieri che fanno di questo libro una straordinaria avventura, e quando si arriva alla fine ci si sente come quando finisce un vacanza. Se vi piacciono Salgari,
Corto Maltese e Che Guevara non potete perdervi questo libro. (A proposito,
non c’entra niente ma ho scoperto che Che Guevara da piccolo era un lettore accanito di Salgari. Probabilmente si è identificato molto in Sandokan). Riuscii anche a scovare un documentario, un’intervista fatta a Terzani poco prima che morisse, e mi commosse questa sua frase: ”credo che c’è una vita unica... per cui quando la vita di questo mio corpo finisce, maah, continua la vita!”
Sullo stessa lunghezza d’onda questa sua frase da “Un indovino mi disse”: ”...e se poi mi capitasse di avere una tomba, mi piacerebbe che fosse una pietra con un incavo perché ci vengano a bere gli uccellini e con su scritto il nome, le due date d’obbligo e la parola”viaggiatore”. Adesso vorrei quasi andare a Orsigna dove è sepolto, per vedere se la pietra con incavo c’è, e se non c’è ce la metto io. E mentre faccio il viaggio vado anche a Donnas a salutare l’amico, compagno e fratello Montanari.

No comments: