Saturday 28 June 2008

I had a dream

Bangui, 19 maggio 1991
I had a dream last night...
Ho fatto un sogno stanotte, mentre viaggiavo in aereo alla volta del Tchad. Sognavo di trovarmi in una piazza di una capitale africana. C'era una folla pazzesca di donne, uomini, giovani e vecchi, tutti in preda ad una grande eccitazione; un'altoparlante un po' gracchiante diffondeva nell'aria in successione l'Internazionale, "What a wonderful world" di Louis Armstrong e "Viva la pappa col pomodoro" nell'interpretazione di Rita Pavone.

Molti dei presenti, soprattutto le persone di mezza età, sfoggiavano al collo un fazzoletto rosso. Qualche vecchietto si pavoneggiava in un tee-shirt col faccione del Che e fumava con ostentazione un sigaro Habana, accennando qualche passo di danza.

"E' l'assemblea annuale degli agricoltori", mi informa gentilmente una signora che emana un delicato profumo di Chanel n. 5; "Venga a visitarmi nella cooperativa agricola dove lavoro", aggiunge strizzandomi maliziosamente l'occhio, e mi porge il suo biglietto da visita. Leggo attonito: "Mariam Abamidé, dottore in veterinaria, Cooperativa Agricola Augusto Cesar Sandino". Per un attimo mi gira la testa, sarà il profumo di Chanel.

La musica cessa improvvisamente lasciando a metà un "popopopopopopomodoro", e una giovane donna sale sul palco sculettando provocatoriamente fra l'entusiasmo della folla. Dalla sinistra parte un coro "Bona, bona, bona" che scema gentilmente sotto le minacce delle legittime mogli. Nell'aria calda, carica dei profumi dell'estate, si avverte che la tensione è ormai giunta al massimo.

"Compagni..." e un boato esplode fra la folla, seguito da uno scroscio interminabile di applausi. "E' Sophie Rakatamusa, presidente dell'Associazione Agricoltori: fa il meccanico in una cooperativa di produzione ortofrutticola", mi fa Mariam all'orecchio, mentre io boccheggio in una coltre di vapori di Chanel.
"Compagni", continua intanto Sophie, "la situazione del paese è grave".
La folla mormora "grave, si si, grave".
"In 50 anni di rivoluzione, troppi privilegi sono stati accordati a noi lavoratori delle campagne, troppi investimenti nelle campagne sotto forma di scuole, ospedali, acquedotti, mentre nelle città manca l'essenziale; i funzionari, i ministri, i tecnici, soprattutto quelli della cooperazione internazionale, ricevono salari di mera sussistenza e spesso per vivere dipendono dai doni che noi agricoltori facciamo loro. Io stessa regalo a Natale una cassa di sapone al ministro dei trasporti, che altrimenti non potrebbe permettersela".
I miei vicini commentano "è vero, è un'ingiustizia, noi agricoltori stiamo troppo bene, non si può più andare avanti così, bisogna fare qualcosa."
Una stangona scollatissima si inerpica agilmente sul palco; da sinistra riparte il coro: "Nuda, nuda, nuda", prontamente troncato a borsettate sulla testa dalle mogli.
"Compagni" - scroscio di applausi - "compagni, basta con questi privilegi di classe, aboliamo le differenze sociali, siamo tutti uguali". Un muggito d'entusiasmo e d'approvazione esplode nella piazza, spunta una foresta di pugni chiusi, i vecchietti col basco del Che non stanno più nella pelle dalla contentezza, anche se non hanno ben capito che cosa sta succedendo; ce n'è uno che per l'eccitazione ha ingoiato il suo Habana ed ora i vicini gli danno madornali pacche sulla schiena per farglielo cacciar fuori, riuscendo a cavargli solo la dentiera.

Si avvertono delle sgommate paurose ed uno stridio di freni: un plotone di polizia in bicicletta è stato fatto accorrere dal ministro degli interni, e ben presto organizza per i manifestanti una catena di distribuzione di acqua fresca, dato il calore soffocante della giornata. Un gruppo di provocatori munito di fisarmonica e violino attacca una mazurca indiavolata, seminando lo scompiglio e le danze fra gli astanti.

La confusione e lo schiamazzo regnano sovrani, ma improvvisamente un varco si apre fra la folla e tutti tacciono; qualcuno mormora "il presidente, il presidente della repubblica!". Uno spilungone sui quarant'anni, capelli e barba lunghi, gli occhialini rotondi alla Gramsci, intabarrato in una tuta da metalmeccanico piena di toppe e troppo grande per lui, sale le scale del palco inciampandosi nei sandali slacciati. La gente è emozionatissima e si molla potenti gomitate: "il presidente, il presidente", ma data l'assenza di giornalisti tutto rimane calmo e presto sulla piazza regna un silenzio religioso.

Lo spilungone prende impacciato il microfono "Scusate, scusate compagni... riflettiamo... vorrei ricordarvi i terribili orrori di Prima della Rivoluzione, quando ministri e cooperanti circolavano in splendide auto climatizzate, mentre il popolo nelle nostre campagne africane non aveva neppure di che sfamare i propri figli". Parlando prende coraggio, ma si avverte una profonda emozione nella sua voce. Tace qualche secondo. Qualcuno mormora: "piange".
"Compagni... compagni, i più anziani di voi ricordano il modello di sviluppo perverso impostoci dalla Banca Mondiale e dagli agenti della CIA. Quel modello, compagni, accordava ogni cosa alle città, veri centri di controllo politico ed economico, e nulla alle campagne. Ora i fantasmi del passato sono svaniti, non rievochiamoli più: i grattacieli dei centri finanziari ed amministrativi, simbolo dell'oppressione e dello sfruttamento capitalista e mafioso, la Rivoluzione li ha trasformati in silos per le derrate alimentari; i grandi svincoli autostradali, che non servono più a niente perchè tutti oggi circolano in bici ed in treno, servono ai nostri figli per giocare con lo skateboard".
Una nota di intensa soddisfazione è nella sua voce.
"Compagni, ricordate ciò che i nostri padri giurarono in questa stessa piazza cinquant'anni fa: mai più gli orrori del passato, la città al servizio della campagna, gli intellettuali al servizio del popolo!". La folla rimane attonita e commossa, senza saper bene cosa fare. Qualcuno piange e tira fuori la foto del papà o del nonno morto nella guerra partigiana.

Un rombo di motori rompe l'imbarazzo generale: arriva una colonna di 15 camions carichi all'inverosimile di gente. Sul lato dei camions una scritta: "Cooperativa Zootecnica Sankara".
Si tratta, mi spiega Mariam, di camions per il trasporto dei suini, messi a disposizione da una cooperativa per andare a prendere i lavoratori delle banche e dell'amministrazione pubblica, dato che l'avvenimento è di importanza straordinaria e tutto il popolo ha diritto di assistervi. I colletti bianchi sbarcano goffi e sudati dai camions, e si raggruppano in un angolo della piazza: attorno a loro si forma un cordone di nasi tappati, con discrezione per non offendere. Uno di loro, con una camicia piena di toppe ma miracolosamente bianca, guadagna decisamente il palco alla destra del presidente.
"Compagni, sono il presidente della Banca Nazionale e parlo in nome del collettivo bancari. Smettiamola con queste sciocchezze, tornate alle vostre case, noi bancari chiediamo solamente di servire il paese col nostro lavoro, la nostra gioia e ricompensa più grande è la fiducia e la stima che il popolo ha per noi, non vogliamo aumenti salariali nè ne siamo degni, il potere ed il denaro corrompono..."

Ma ecco che il mio sogno è interrotto dal vociare isterico di alcune madame francesi piene di sussiego che siedono vicino a me. Mi guardo in giro, in questo aereo di privilegiati, di uomini d'affari bianchi e neri che mai nella loro vita hanno avuto un dubbio, di grasse dame ingioiellate...

Il sogno è spezzato, e cade furtivamente una lacrima...

I had a dream last night, what a lovely dream it was...

Pierre Vernetto

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